A cura di G.B. RULFI
Prato Nevoso è a pieno titolo, una vera e propria “star”: piste da sci, skilift, seggiovie all’avanguardia, negozi, alberghi e palazzoni. Migliaia di turisti richiamati dall’industria della neve d’inverno e dalla bellezza incantevole del paesaggio nel periodo estivo. Una realtà conosciuta a livello internazionale, che non ha certo bisogno di presentazioni. Due parole, invece, richiede quella chiesetta modesta, raccolta, discreta e un po’ nascosta, dedicata a Maria Vergine Assunta e a San Giovanni Evangelista.
Moderna, essenziale, realizzata in cemento armato con un’attenzione particolare alla funzionalità, senza fronzoli architettonici e comunque inserita con gusto e stile nel contesto paesaggistico ed edilizio circostante. Una presenza vivace e attiva che merita, davvero, una presentazione per quanto possibile accurata, accompagnata da qualche riflessione, alcuni aneddoti e una manciata di ricordi di chi aveva vissuto da protagonista il grande evento della costruzione, dalla progettazione all’inaugurazione.
Parlando di memoria storica, il riferimento a don Mario Rizzo è praticamente scontato. Parroco di San Giorgio a Frabosa Sottana e per lunghi anni a Mondagnola, era stato il primo sacerdote a celebrare la S. Messa a Prato Nevoso ed aveva presenziato alla cerimonia della solenne benedizione e posa della prima pietra. Un protagonista di quello storico evento, tanto che la sua firma, accanto a quella del vescovo di allora, mons. Brustia, appare sulla pergamena posta a perenne ricordo nelle fondazioni della chiesa.
Illuminanti, come sempre, le sue parole: «Il giorno della cerimonia di inaugurazione dei lavori non era stato scelto a caso. Era il 15 agosto 1970. Certo, la festa principale dell’estate, Ferragosto, ma, soprattutto, per il calendario liturgico la festa dell’assunzione di Maria. E proprio a Maria Vergine Assunta doveva essere dedicata la chiesetta che di lì a poco sarebbe sorta per accogliere i fedeli, che arrivavano sulle magnifiche piste di Prato Nevoso dal Monregalese e soprattutto dalla Liguria e sentivano la necessità di abbinare al divertimento un momento di ringraziamento e di preghiera».
Prima il temporale e poi il sole
Una giornata nata con previsioni meteo decisamente contrastanti. Don Rizzo, scrutando i nuvoloni che si addensavano nel cielo, temeva pioggia a catinelle, mentre il vescovo mons. Francesco Brustia, confidando nell’ottimismo della fede, rassicurava il parroco sulla tenuta del tempo, almeno per la durata della cerimonia.
Ancora don Rizzo: «Il vescovo non credeva alle mie parole. Sembrava quasi che volessi fare il catastrofico a tutti i costi e senza motivo. Fatto sta che avevamo preparato tutto per bene. Secondo i programmi erano arrivate anche le autorità, fra cui il sindaco Mario Blua, il consigliere regionale prof.ssa Albertina Soldano e il signor Giacomo Dodero per la società Prato Nevoso. Ma, verso le tre del pomeriggio ecco i primi tuoni e poi un temporalone della malora che ci aveva obbligati a togliere le “tende” in fretta e furia, raccogliere il materiale e traslocare armi e bagagli in un locale di fortuna poco distante, una specie di bottega vuota, dove il vescovo mons. Brustia aveva celebrato la S. Messa.
Nonostante l’infuriare impetuoso di tuoni, fulmini e rovesci d’acqua, il vescovo manteneva il suo calmo ottimismo e nell’omelia aveva confermato la propria opinione: «Vedrete che alla comunione uscirà il sole e noi potremo tornare sul luogo dove sorgerà la chiesetta per effettuare come previsto la cerimonia della benedizione della prima pietra». Le espressioni dei presenti erano un po’ perplesse, ma tanto valeva attendere per decidere cosa fare.
Fatto sta che, improvvisamente come era venuto, il temporale se ne era andato e nel momento in cui il vescovo distribuiva l’ostia consacrata, il cielo si era aperto, mostrava larghi squarci di sereno e lasciava filtrare gli accecanti raggi del sole, così caldi che avrebbero bruciato persino i biglietti da mille lire. Così avevamo ripreso il materiale, posto al riparo in quel locale trovato in maniera abbastanza fortuita, ed eravamo tornati con una piccola processione sul luogo della cerimonia.
Fra l’altro avevamo portato anche un tubo di rame che conteneva la pergamena-ricordo dell’evento con le firme dei presenti, alcune banconote in uso all’epoca e una medaglia del Papa. Quel tubo era poi stato posto nelle fondazioni della chiesa». Più avanti in questa pagina, trovate la riproduzione della pergamena originale.
Ma a chi era venuta l’idea di costruire una chiesetta su quelle montagne, trasformate in così poco tempo dall’ondata di turismo che continuava a riversarsi sulle piste innevate?
«L’idea iniziale – continua don Rizzo – era stata del vescovo mons. Maccari. Aveva saputo che tutte le domeniche andavo su a celebrare la S. Messa e, non avendo uno spazio specifico, utilizzavo un po’ qui un po’ là, alcuni locali vuoti che avevano l’accesso sotto i portici. Così, il prelato aveva contattato i dirigenti della società Prato Nevoso per cercare di dare una sede stabile e decorosa alle celebrazioni eucaristiche.
La richiesta era stata accolta ed i lavori – dopo l’avventurosa posa della prima pietra – erano iniziati e portati avanti con celerità ed impegno. Erano state costruite la chiesetta e la canonica ma, ahimè, a lavori avanzati qualche difetto emergeva qua e là e non era di poco conto. Giusto per citare la carenza più macroscopica, le camere della canonica erano state realizzate senza finestre. Subito il problema non era stato così impellente perché nell’edificio non abitava alcun sacerdote, ma quando vi aveva preso alloggio don Egidio Vignolo, l’inconveniente era emerso in tutta la sua portata. Non si poteva immaginare di utilizzare una camera senza aperture di aerazione e rischiarata unicamente dalla luce elettrica.
Come rimediare? Era stata ottenuta una sorta di finestrella sopra la porta che dava accesso al corridoio, ma si trattava pur sempre di una soluzione di ripiego. A dire il vero, durante la costruzione dell’edificio, mons. Brustia era venuto a vedere come procedevano i lavori ed aveva avanzato delle osservazioni per migliorare il progetto, ma erano rimaste parole al vento. La società Prato Nevoso aveva risposto picche: “Se volete la chiesa, la facciamo come l’abbiamo progettata, altrimenti non se ne fa nulla. Tanti saluti e amici come prima”. Il vescovo di fronte a questo perentorio “aut-aut” aveva preferito non insistere ed aveva commentato: “Beh, prendiamola come ce la danno, poi vedremo”.
Personalmente avevo fatto le mie rimostranze in merito al campanile. Un campanile degno di questo nome doveva avere un’altezza tale da poter essere visto da una certa distanza e da poter far sentire il suono delle campane agli abitanti della zona. Mi avevano risposto con una domanda: “Ma lei lo sa dove abbiamo fatto redigere il progetto?”. “Certo – avevo replicato – l’avete fatto fare a Genova, ma questa chiesa non viene costruita sulla riviera ligure, viene fatta in una zona di montagna dove le esigenze sono completamente diverse rispetto a quelle che si riscontrano nelle zone di mare”. Niente, non c’era stato verso di intenderci. A questo punto non avevo più espresso opinioni, convinto che l’atteggiamento più opportuno da tenere fosse quello formulato al riguardo dal vescovo».
Con la nuova chiesa aumenta la presenza dei fedeli alle funzioni religiose?
«Personalmente avevo celebrato la S. Messa a Prato Nevoso dal ’64 al ’73 del secolo scorso. Con la nuova chiesa aveva preso servizio un giovane sacerdote: don Egidio Vignolo di Pallare. Certo la frequenza alle celebrazioni eucaristiche era aumentata anche perché nelle famiglie che arrivavano a Prato c’erano degli anziani che non andavano sulle piste. Il problema erano gli orari: alle 11 e trenta del mattino, gli sciatori non interrompevano le loro discese per andare in chiesa.
Così succedeva spesso che verso le quattro della domenica pomeriggio smettevano di sciare, venivano giù col pullman e si fermavano alla Santa Messa nella chiesa di Sottana. Adesso, don Borsarelli celebra la messa prefestiva al sabato sera. E’ certamente la soluzione ideale. Infatti la frequenza è aumentata in maniera considerevole».
C’erano posti migliori a Prato Nevoso, dove edificare la chiesa?
«La prima idea era stata quella di localizzarla dove adesso c’è l’albergo. Sarebbe stata sicuramente più visibile e facilmente accessibile. Adesso, capita di incontrare gente che chiede: “Dov’è la chiesa?”. Parecchi faticano a trovarla, anche perché il campanile non è visibile in lontananza».
Sacerdoti a Prato Nevoso
Come abbiamo accennato, il primo parroco della chiesa intitolata all’Assunzione della Beata Vergine e a San Giovanni Evangelista, era stato il giovane ed intraprendente don Egidio Vignolo. Gli era succeduto don Giorgis di Peveragno, professore di Sacra Scrittura ed autore di numerose pubblicazioni di argomento biblico. Successivamente se ne era occupato il parroco di Miroglio don Giuli. Attualmente, la Curia ha incaricato don Sergio Borsarelli che espleta il proprio servizio nel periodo invernale, mentre nel mese di agosto garantisce la propria presenza don Giampaolo Laugero.